I presunti difensori dei lavoratori – Andrea Bernaudo su Libero del 29 ottobre
A margine della rivolta di piazza che monta nel paese, abbiamo letto, senza stupirci, la solita paternale e l’elencazione di tutti i cavalli di battaglia sindacali anni ‘50. Slogan anti-impresa, contro la proprietà privata, pro-patrimoniale e tassaioli, insomma i classici della sinistra sociologica italiana. Stavolta l’alfiere dello statalismo tartassatore è il massimo dirigente della CISL per la funzione pubblica Maurizio Petriccioli, che interviene all’indomani della Segretaria Nazionale del suo Sindacato Annamaria Furlan che, dalle pagine de La Stampa, ha chiesto a gran voce il blocco per legge dei licenziamenti.
Petriccioli accusa chi chiede al settore pubblico di fare un passo indietro – in primis chi sfrutta lo smart working pur non svolgendo una funzione necessaria alla gestione dell’emergenza – di soffiare sul fuoco della rivolta in corso in tutte le piazze d’Italia.
Secondo l’alto dirigente della CISL, quindi, chiedere ai mandarini di Stato, agli alti burocrati e funzionari pubblici e del parastato (partecipate) che dall’inizio della pandemia sono a casa, o comunque lavorano a ranghi ridotti e mezzo servizio, di contribuire, facendo gli stessi sacrifici dei dipendenti del privato in cassa integrazione, o di partecipare, almeno in parte, con un contributo economico, un gesto di solidarietà verso autonomi e imprese immersi nella pandemia, è da irresponsabili facinorosi.
I sindacalisti ricordano sempre l’impegno delle forze dell’ordine, dei sanitari, degli insegnanti e di chi è in prima linea – come partite iva e imprese – nel mezzo della crisi sanitaria. Su questo ha ragione e da parte nostra vi è il massimo rispetto. Ma se medici, infermieri, insegnanti e forze dell’ordine in Italia hanno i salari più bassi d’Europa e sono costretti a lavorare con mezzi scassati e strutture fatiscenti di chi è la colpa?
Se abbiamo in Italia da sempre la disoccupazione giovanile più alta nel mondo occidentale, di chi è la colpa?
Se abbiamo la pressione fiscale e contributiva sulle attività produttive più alta al mondo, di chi è la colpa? E loro vogliono ancora la patrimoniale, l’ennesima.
Se oggi, nella graduatoria delle categorie meno gradite in Italia in testa vi è il Sindacato, che negli ultimi 2 anni ha perso quasi cinquecentomila iscritti, di chi è la colpa?
La colpa è di un sindacato che in Italia è divenuto di regime, un potere autoreferenziale che ha tutelato solo i garantiti.
Ancora oggi i sindacati anziché saldare l’asse tra lavoratori e imprese si esercitano per garantire i buoni pasto ai dipendenti pubblici in smart working, roba dell’altro mondo, mentre nel privato i dipendenti sono alla fame e saltano le imprese. Di chi è la responsabilità di queste diseguaglianze?
Se oggi montano le proteste in piazza, purtroppo infiltrate anche dai soliti violenti – che non sono certo le partite IVA e le imprese – una gran parte della responsabilità politica è ascrivibile proprio ai sindacati italiani, sia quelli dei lavoratori che quelli datoriali, che non hanno svolto la propria vera mission: garantire la libertà d’impresa, alti livelli di occupazioni è una tassazione equa per tutti e non 20 punti sopra la media OCSE.
Inoltre, alla Furlan, che nell’intervista alla Stampa ha dichiarato “… chiediamo interventi a favore del lavoro, sia a sostegno delle imprese, con risorse immediate, che dei lavoratori” ricordiamo che mentre i lavoratori privati sono stati parzialmente “ristorati” con la cassa integrazione, spesso anticipata dagli imprenditori, alle imprese e agli autonomi sono stati riservati pochi spicci, spesso in credito d’imposta, drenando liquidità e costringendo i ceti produttivi ad indebitarsi. Pertanto, in mancanza di aiuti concreti alle aziende, lo stop ai licenziamenti – tanto caldeggiato dai sindacati – rischia di essere l’ennesima presa in giro per i lavoratori, che a cassa integrazione finita si troveranno l’azienda fallita e saranno per strada.
Se l’economia italiana era in coma prima del COVID, e ora rischia di affondare, la responsabilità è anche – anzi soprattutto – dei Sindacati italiani, che hanno dettato la linea della politica economica e fiscale in Italia, debordando anche dal proprio ruolo, con i risultati che vediamo. Lo zerovirgola di Pil da vent’anni, disoccupazione e aziende che chiudono o scappano.
Quindi la predica di Petriccioli e della CISL alla “coesione sociale” almeno da parte loro, la rispediamo al mittente.