Governo Meloni – Dati Economici.

Governo Meloni – Dati Economici.

Numeri e risultati certificati oltre la propaganda.

Una premessa doverosa a questa analisi è che la verifica di come e quanti denari pubblici (ovvero soldi dei contribuenti) sono stati incassati attraverso imposte, tasse, bolli ed accise, e spesi dal governo nel corso del 2023 e 2024, poco hanno a che fare con la crescita degli indicatori economici del Paese. Lo Stato, infatti, non può creare occupazione né crescita economica. Può solo sottrarre risorse al settore privato, diminuendo le disponibilità dello stesso ad alimentare da un lato consumi privati e dall’altro investimenti privati. L’intermediazione dello Stato in questi meccanismi riduce la disponibilità di reddito per consumi e la disponibilità di capitali per gli investimenti necessari all’aumento della produttività totale dei fattori.

Questa premessa serve a spiegare che l’analisi dei conti pubblici che segue è un mero esercizio contabile, partendo dal presupposto che l’enorme spesa pubblica rapportata al PIL dell’Italia e di tutti i paesi europei, con sistematico drenaggio di risorse dalle tasche dei “wealth creators” (gli imprenditori), è il presupposto del mancato sviluppo economico rispetto ad altre aree del mondo.

I dati degli ultimi anni delle economie europee e di quella italiana, in particolare, stanno lì a ricordarcelo.

Principali dati macroeconomici dell’Italia negli ultimi anni:

  • PRODOTTO INTERNO LORDO
    3° trimestre 2024 invariato rispetto al trimestre precedente ed in incremento dello 0,4% rispetto al 3° trimestre 2023
    PIL 2023: 2.128.001,4 milioni di euro correnti (dati ISTAT)
  • SPESA PUBBLICA: dati di competenza, 1.229.744.148.903,00
    Incremento della spesa pubblica 2024 (dato calcolato sui saldi di competenza, fonte Bilancio Aperto del MEF): 50 miliardi, 192 milioni di euro, ovvero +4,25%
    Ai dati del 2023, la spesa pubblica su pil ha raggiunto il livello del  56,57 (1.179.552.297.850/2.085.376.000).
    Nel 2022, il rapporto spesa pubblica/pil aveva raggiunto il livello del 56,38 (1.097.552.297.580/ 1.946.479 milioni di euro)
  • ENTRATE PUBBLICHE E PRESSIONE FISCALE
    Incremento delle entrate 2024 (dato calcolato sui saldi di competenza, fonte Bilancio Aperto del MEF): 57 miliardi 242 milioni, ovvero +4,83%
    (dato calcolato sui saldi di competenza, fonte Bilancio Aperto del MEF):

Nel terzo trimestre 2024, la pressione fiscale è stata pari al 40,5%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (Istat)

  • PRODUZIONE INDUSTRIALE: ottobre 2024 -3,6% su base annua (Istat)
  • INFLAZIONE L’inflazione è risalita, a gennaio 2025, all’1,5% su nase annua.
    Il carrello della spesa è aumentato dell’1,8%.
  • Da fine 2022 a fine 2024, il numero di aziende si è ridotto del 5,45% (da 526.071 a 497.423). (fonte Sole 24 Ore)
  • POVERTA’ INDIVIDUALE: in rialzo dello 0,03% nel 2023 rispetto al 2022, al 9.73%
    5.694.000 persone in povertà da 5.674.000 del precedente anno (la povertà è raddoppiata negli ultimi 10 anni e triplicata da inizio secolo, dati Istat ed Eurostat)
  • DEBITO PUBBLICO: nel 2024, aumento medio di 15,4 miliardi al mese da gennaio 2024 ad agosto 2024. A Novembre 2024, si registra il nuovo massimo; è stata superata quota 3.000 miliardi, ovvero 3.005,2 miliardi, quasi 150 miliardi in più rispetto a 12 mesi prima e 24 miliardi in più rispetto al mese precedente.
    Dividendo il debito pubblico per il numero di abitanti (58.990.000) otteniamo il debito pro capite che, dalla scorsa estate 2024, ha superato quota 50 mila euro, ovvero, ora, 50.944 Euro ad italiano residente.
  • L’Ivie, l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, introdotta da Mario Monti nel 2011, è aumentata del 40%. L’aliquota dello 0,76% sul valore catastale è passata all’1,06%.
    Nella circolare n.28/E dell’Agenzia delle Entrate si legge che la base imponibile si ricava dal valore catastale, e in mancanza di quest’ultimo, dal costo risultante all’atto di acquisto o infine, dal valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile. Ma il valore catastale all’estero non è di facile rilevazione. Prendendo a riferimento Francia e Germania, questi valori utili per determinare le imposte sulla proprietà, la taxe foncière o la grundsteuer, sono spesso sconosciute agli stessi intermediari fi-scali, perché a determinare l’imposta ci pensano direttamente le amministrazioni fiscali locali che notificano ai proprietari le tasse municipali dovute, senza indicazione di alcuna base imponibile. Questo vale anche per l’Inghilterга.
    Per cui, gli italiani che hanno casa all’estero devono comunicare al proprio commercialista il valore all’atto d’acquisto o il valore di mercato, che è spesso ben più alto del valore catastale, soprattutto per le nuove acquisizioni. (fonte Fredrich Magnani, Milano Finanza).
  • TASSO DI OCCUPAZIONE E DI DISOCCUPAZIONE
    Il tasso di disoccupazione in Italia è sceso al 5,7% a novembre 2024, al di sotto delle aspettative del mercato del 6% e in calo rispetto al 5,8% del mese precedente. Questo ha segnato il livello più basso dall’inizio delle registrazioni nel gennaio 1983. Il numero di disoccupati è diminuito di 24.000 unità, arrivando a 1.457.000, il più basso dall’aprile 2007.



    Il tasso di occupazione in Italia ha registrato una media del 57,76 percento dal 2004 al 2024. Nel corso del 2024 ha oscillato di pochi decimali con valori attorno al 62% raggiungendo un massimo storico del 62,50 percento nell’ottobre del 2024 (fonte:  ISTAT e Sito Trading Economics).


Come si evince dai due grafici, la riduzione della disoccupazione e l’aumento dell’occupazione è una tendenza in atto da diversi anni.

Tutto ciò premesso, dobbiamo osservare che l’Italia è e rimane fanalino  di coda in Europa per tasso di occupazione.

Nonostante i lavoratori abbiano raggiunto livelli record nel 2023 il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni si è attestato al 66,3%, lontano quasi 10 punti dalla media Ue (75,4%).

Per ogni giovane che arriva in Italia dai paesi avanzati, otto italiani vanno all’estero.

Tra il 2022 e il 2023, circa 100.000 giovani italiani hanno lasciato il Paese, segnando un aumento rispetto agli anni precedenti

Rispetto al resto d’Europa, l’Italia è all’ultimo posto per capacità di attrazione di giovani, accogliendo solo il 6% di europei, contro il 43% della Svizzera e il 32% della Spagna. Molti vanno via per ricercare migliori opportunità lavorative (25%), ma anche per studio e formazione (19,2%) e per cercare una qualità di vita più alta (17,1%). Il 10% invece è alla ricerca di un salario più alto (fonte Fondazione Nord Est).

Secondo i dati dell’OCSE, l’Italia si colloca al 21º posto su 34 paesi per stipendio medio annuo, con una retribuzione lorda di circa 44.893 euro nel 2023.  

È importante notare che, tra il 1991 e il 2022, i salari reali in Italia sono aumentati solo dell’1%, a fronte di una crescita media del 32,5% nell’area OCSE.  

Inoltre, l’Italia presenta un cuneo fiscale significativo: nel 2023, il peso del fisco sui salari è stato del 45,1%, posizionando il paese al quinto posto tra i membri OCSE per pressione fiscale sul lavoro.  

Questi dati evidenziano una stagnazione dei salari reali in Italia negli ultimi decenni, accompagnata da una pressione fiscale elevata rispetto ad altri paesi dell’OCSE.

  • INDEBITAMENTO NETTO DELLA PA
    Nel terzo trimestre 2024 in rapporto al Pil è stato pari al -2,3% (-6,3% nello stesso trimestre del 2023) (Fonte Istat).
  • PROPENSIONE AL RISPARMIO
    Nel terzo trimestre 2024 la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari al 9,2%, in diminuzione di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. (Fonte Istat).

In sintesi, l’Italia è sempre ben lontana dal livello di pressione fiscale e di spesa pubblica ottimali che favoriscano la crescita economica ed una sana gestione della finanza pubblica.

Ciò è determinante nella stagnazione che caratterizza l’economia italiana negli ultimi decenni in netto contrasto con la crescita media mondiale che si attesta, da inizio secolo, attorno al 3% annuo: il pil mondiale è raddoppiato da inizio secolo; il pil italiano, i redditi medi, da allora, sono sostanzialmente fermi. Ed i poveri sono triplicati.

Curva di Laffer

La curva di Laffer permette di visualizzare la correlazione tra pressione fiscale e gettito fiscale.

La teoria su cui si basa illustra come l’aumento della tassazione può causare anche una diminuzione delle entrate fiscali perché determina un rallentamento congiunturale.

L’equazione di Laffer è stata ideata dall’omonimo economista statunitense Arthur Laffer, esponente di rilievo dell’amministrazione Reagan. Il grafico, che prende il suo nome, ha l’aspetto simile a quello di una campana e descrive, a livello teorico, come le entrate fiscali reagiscono al variare dell’imposizione fiscale.

Curva di Armey

Meno nota della curva di Laffer (derivante da diversi modelli di tassazione ottimale) e sviluppata dall’economista e deputato statunitense Richard Armey, la curva di Armey mira ad identificare quale relazione ci sia tra la crescita della spesa pubblica, in percentuale del PIL, ed il tasso di crescita del PIL stesso; ponendo le due grandezze in un grafico, sull’asse delle ascisse si registra la spesa pubblica in percentuale del PIL mentre sull’asse delle ordinate viene raffigurato il tasso di crescita del PIL.

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